PORTOGRUARO:
SABATO 22 MAGGIO 2021 ORE 18:00 NELLA GALLERIA "BOLZICCO ARTE / ANDRONE 51" IN VIA GARIBALDI 51 PORTOGRUARO GRANDE MOSTRA D'ARTE DEL MAESTRO STEFANO ORSETTI DA NON PERDERE ASSOLUTAMENTE. (VEDI LOCANDINA)
Dover scrivere qualcosa su/per Stefano Orsetti mi mette in difficoltà perché l’uomo è complicato, e dicendo l’uomo intendo il suo fare, il suo dire ed il suo essere artista. Guardandolo, nel suo fare, lo diresti prigioniero di segni e sopratutto di un cono penetrante, di angoli che si smussano in curve, di dinamiche che si originano in lui pittore e restano compresse nella raffigurazione come pericolose molle trattenute, che potrebbero scatenarsi da un momento all’altro aggredendoti.
Ma mentre guardi lui nello studio ecco che si gira e lo vedi disegnatore tecnicamente raffinato, padrone dell’accademia, diligente e sicuro rappresentatore di realtà e anatomie. Si ferma a riflettere e di colpo t’appare oscillante tra un forte desiderio narrativo e proclamatorio ed un’astratta caccia al segno, all’icona in quanto tale.
Ma chi è Orsetti? Forse non lo sa neppure lui, perché proprio questa è una, la prima, la più antica e duratura, delle sue ricerche. E’ socratico: maieuta di se stesso ed orgoglioso del suo non sapere; ma accanito ricercatore nel disperdersi dei segni, che lo obbliga a far loro violenza per trattenerli, di una verità che si appalesi per forza propria. E’ politico, perché lo ha già detto altre volte che la sua arte “est etica”, proclamatore di una società di liberi, ma non certo qualitativamente uguali e però proprio per questo mossi da una grande disponibilità a far intrecciare le molte diversità, a far sì che ciascuno possa pescare nel grande pozzo delle diversità per trarne vantaggio ed offrirne agli altri.
Ma è un artista o un pensatore, un tecnico o un filosofo?
E’ sicuramente difficile far filosofia con il segno ed il colore, perché sono mezzi a ciò inappropriati che hanno però un grande vantaggio: imprigionano nell’immobilità fuori del tempo, hanno la capacità di folgorare un attimo bloccandolo e costringendolo, prigioniero sotto i nostri occhi che lo denudano lentamente, per far apparire tutta la sua significanza e corporeità. Ed il corpo è dinamico, anche quando si presenta morto ha una sua forza compressa e rimane vivo. Raffigurare nella stasi il movimento è una scommessa in cui tanti altri si sono impegnati ed anche Orsetti lo fa, quando riesce a liberarsi dalla spinta narrativa e ti espone allo sguardo un cumulo complesso nel quale sei obbligato a ricercare il ritmo, l’ordine dei volumi, l’agganciarsi indispensabile delle forme che tendono a formare l’armonia di un tutto che si presenta catturato, prigioniero sotto gli occhi di chi lo guarda, che appare inaspettatamente sorpreso nella fugacità immediata di una rivelazione, complesso ma evanescente come un fantasma. Su cui bisogna riflettere, che è azione del pensiero e caratteristica dello specchio. Non è un gioco di parole, ma una proposta metodologica: non si riflette veramente se non si guarda anche se stessi e non ci si vede soli e contemporaneamente affollati, contornati da molti. Molti da accettare e molti da respingere, questa è la vita. Questo, forse, Stefano Orsetti.
E’ complicato Stefano Orsetti. Perché non sai quando finisce l’affabulatore e quando si erge il mistico del segno, quando il suo pensiero cerca e quando lo specchio gli impone il “questo sei tu”. Districarsi in questa materia chiede grande energia, una forza che diventi anche violenza: è la spinta a buttar via l’ostacolo, a rifare la tela, a cambiare registro.
Quante volte l’avrà fatto riguardando cose già fatte, ricoprendole e modificandole per spingere via gli ostacoli alla rivelazione, cercando la luce e l’armonia… cercando se stesso.
6 maggio 2021 Gianni Marella
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