UN'ALTRA PUNTATA DELLA RUBRICA "MARIANGELA BARALDI ART" DELLA NOSTRA PITTRICE MARIANGELA BARALDI, DA NON PERDERE ASSOLUTAMENTE.
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4/04/2022
L’aula di anatomia, sulla sinistra di un corridoio lungo e pieno di porte, era sempre chiusa a chiave e non si poteva entrare se non nell’orario consentito. Noi ragazzi che frequentavamo il biennio eravamo molto incuriositi, essendo questa materia prevista solo dal terzo anno in poi, non potevamo entrarci. Quando si passava davanti, andando in classe, si sbirciava sempre un pochino…ma non si riusciva mai a capire niente…era l’aula del mistero. Quando si chiedeva ai compagni più grandi non si capiva molto. C’è chi diceva che c’era uno scheletro chiuso in un armadietto c’è chi diceva che c’erano strani modelli di muscoli e che dovevi saperli tutti a memoria. Insomma c’era molta ansia e preoccupazione.
Finalmente arrivò il momento in cui potei accedere e fare la mia prima lezione di anatomia. Quel giorno mi preparai psicologicamente alla eventualità di trovarmi davanti a quel famoso scheletro nell’armadio come avrei potuto reagire? Poi la lezione era di pomeriggio ed io non ero riuscita a mangiare niente dall’emozione mista a molta curiosità!!!
Verso le due si presentò il professore vestito con un camice bianco da dottore e aprì la porta dell’aula. Dentro c’erano dei banchi grandi con alti sgabelli e il prof. ci disse di prendere posto. Durante l’appello io mi guardai attorno e si… che c’era lo scheletro nell’armadietto. C’erano delle vetrate scorrevoli chiuse a chiave e si potevano intravvedere anche numerosi modelli di muscoli e sezioni di articolazioni. Ma da che cosa saremmo partiti? Beh! Mi rassicurai oggi è il primo giorno forse ci saranno solo le presentazioni…però avendo due ore non era detto.
A quel punto il prof. ci disse di dividerci in coppia e di sederci con gli sgabelli l’uno di fronte al proprio compagno. Poi cominciò a dire: “Luca inizia a piangere, Paola inizia a ridere, Valeria fai finta di avere paura ecc.” . Ma a noi sembrava impazzito!!!! E continuò: “Il compagno che sta di fronte disegni il volto di questi compagni con queste espressioni (riso, pianto, dolore, paura) vi do due ore di tempo”. Se una persona fosse entrata nella stanza non so che cosa avrebbe pensato. Sinceramente non so se fosse stato più difficile stare per due ore fermo a fare smorfie o disegnarle. A me capitò di dover disegnare l’espressione di dolore del mio compagno Andrea. Al finire del tempo il prof. ritirò i disegni e li appese con delle puntine al muro.
Poi disse guardando i disegni: “In questa espressione di riso i muscoli facciali usati sono… facendone un lungo elenco… e così via per ogni disegno. Oggi senza volere, ribadì, avete disegnato i muscoli facciali usati per ogni espressione ora dovrete saperne il nome di ciascuno di essi e studiarli per la prossima volta”. Questa lezione fu veramente illuminante e fondamentale poiché ciò che rende unico un ritratto non è tanto la somiglianza quanto l’espressione del volto. Catturare l’espressione unica che contraddistingue ogni volto è molto difficile e sicuramente lo studio delle muscolature e delle parti anatomiche a questo doveva servire. Altro che stanza del mistero…dentro di me mi feci una grande risata…
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